A Little Help

Colloquio per Robin A. Mann

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    MINI VINNIE, THROLL MAGRO, GNOMO ALTO

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    -No, no… cancella quest’ultima parte. Non mi convince.-
    La penna prendiappunti prese a zigzagare febbrilmente sul foglio da pergamena, eseguendo gli ordini del suo padrone.
    Vincent, che in quel momento era stravaccato non molto elegantemente sulla sua poltrona da ufficio, si prese qualche istante per massaggiarsi le tempie e gli occhi prima di re inforcare gli occhiali e sporgersi sul rotolo, per constatare il risultato del suo lavoro.
    Doveva essere sincero?
    Non avrebbe saputo definirlo in altro modo se non usando la parola “deludente”. Sul foglio c’erano più cancellature che frasi scritte e anche di quelle non era del tutto convinto.
    Si lasciò sfuggire uno sbuffo contrariato e fece scattare l’apertura dell’astuccio in cui riponeva le piume da lavoro.
    Immediatamente la penna prendiappunti vi si fiondò di corsa e lui ce la richiuse con un gesto secco, quello di chi si era - in tutta onestà - rotto le palle.
    Era stanco.
    Non ci sarebbe stato altro modo per definire il suo stato mentale: era davvero stanco.
    Nathan era l’amore della sua vita e la luce dei suoi occhi, ciò che ogni giorno lo spingeva ad andare avanti ma a otto mesi occuparsene era stramaledettamene impegnativo: iniziava a gattonare e andare dappertutto, a cercare di infilare tutto ciò che gli capitava a tiro in bocca e l’ora di cena sembrava più una sessione di bombardamenti di pappine.
    E nonostante fosse ciò che di più bello e prezioso aveva, doveva ammettere che occuparsi di lui e di Will quando Edward non era a casa, oltre che gestire due lavori, iniziava a essere troppo impegnativo persino per una persona energica come lui.
    Sarebbe forse stato più semplice rinunciare a qualcosa, ma al momento non si sentiva pronto.
    Avere del tempo libero lo avrebbe portato a pensare e non voleva che i suoi pensieri virassero in zone pericolose.
    Tuttavia alleggerire un po’ il carico di lavoro non sembrava affatto una cattiva idea, perciò aveva da poco inserito nella gazzetta del profeta un bando per candidarsi come giornalista.

    Con uno scattò della gamba riuscì a ruotare sulla poltrona, voltandosi repentinamente verso l’orologio di design che se ne stava placidamente appeso alla parete, proprio accanto alla finestra.
    Aveva cercato di imporsi di finire quell’articolo prima di metà pomeriggio e invece era riuscito a malapena a tirare giù una prima bozza. Tuttavia sarebbe stato inutile accanirsi ancora sul foglio quando era evidente che la sua mente non riusciva a collaborare.
    Mise tutto definitivamente da parte e diede una veloce sistemata alla scrivania: aveva una sessione di colloqui da affrontare da lì a pochi minuti e sperava proprio che la prima persona da esaminare quel giorno si sarebbe presentata puntuale.
    Vincent era uno che a certe cose ci teneva: per quanto alla mano e accomodante potesse sembrare, sotto sotto era una persona meticolosa, attenta ai dettagli e puntigliosa anche fino allo sfinimento.
    Si alzò e si diresse verso la finestra, specchiandosi nel suo riflesso.
    I capelli stavano lentamente tornando a una lunghezza che, pur essendo più complicata da gestire, lo faceva sentire più a suo agio. Presto avrebbe sentito di nuovo le punte accarezzargli le spalle e non avrebbe avuto un colpo al cuore ogni volta che passava davanti allo specchio.
    Sistemò nuovamente gli occhiali sul naso e poi cambiò direzione, lanciandosi verso la porta del suo ufficio.
    Al di fuori di esso, seduti su dei morbidi divani antistanti alla porta, c’erano i candidati che si erano presentati per quel giorno. Vincent si godette per un attimo i loro sguardi curiosi su di sé, sguardi a cui rispose con un sorriso affabile e rilassato.
    Sapeva quanto potesse essere snervante affrontare un colloquio, ma lui voleva conoscere quanto più possibile le persone con cui forse avrebbe lavorato e cercare di metterli a loro agio era il primo passo per poter avere una visione che fosse quanto più autentica possibile.
    Li contò velocemente con gli occhi, poi sorrise di più.

    -Benvenuti a tutti alla Gazzetta, io sono Vincent Smith il Caporedattore e oggi parlerete direttamente con me. Mi sembra che siate tutti e di questo non posso che esserne felice…-
    Estrasse un appunto dalla tasca interna della giacca e poi alzò di nuovo lo sguardo sui candidati.
    -Robin Mann? Vieni pure e accomodati, è il tuo turno.-
    Si appiattì quanto più possibile sulla porta e lasciò che entrasse nel suo ufficio, per poi chiudersi la porta alle spalle.
    Raggiunse nuovamente la propria poltrona, indugiando solo per qualche istante con lo sguardo fuori dalla finestra. Londra era uggiosa e grigia come sempre e questo non lo aiutava ad alleviare il senso di stanchezza che si portava dietro da qualche mese ormai.
    Tuttavia quando il suo sguardo si posò di nuovo su Robin, mentre prendeva posto dietro alla scrivania, era tornato sorridente e -sperava- accattivante come sempre.
    -Allora, per prima cosa mi piacerebbe che mi parlassi un po’ di te. Raccontami brevemente chi sei, dei tuoi interessi e anche di cosa ti ha portato fino a qui. Sono molto curioso.-


    //Hai tempo per rispondere fino al 12/03 alle 23:59!
     
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    Quel giorno, Robin Mann era perfettamente nel suo elemento. Dopo mesi passati a rincorrere fuochi fatui e piste che non l’avevano portata assolutamente da nessuna parte, la sua occasione era arrivata: il bando da giornalista per la Gazzetta del Profeta. Aveva tentennato, nel contattare Vincent Smith, nell’andare da lui e proporsi come sua stagista, convinta che una tale presa di posizione avrebbe insospettito il buon Caporedattore. Alla fine, quella si era rivelata un’ottima idea: saper aspettare aveva dato i suoi frutti. Non che pensasse al lavoro che si era lasciata alle spalle, in quel di Berlino; era ancora economicamente sostenuta nella sua ricerca di materiale scottante da Herr Schuttern, ma aveva perso di vista il suo obiettivo. Ne era conscia, sì, ma aveva anche cominciato a comprendere che la Gran Bretagna ed il suo Ministero potessero offrire ad una persona come lei più di quanto avesse mai osato desiderare. E la Mann aveva sempre sognato in grande, inutile negarlo. Era un falco, uno squalo, una vipera e l’insaziabile fame di successo che l’aveva spinta a fare i salti mortali per entrare alla redazione dell’Hinter den Spiegeln non era stata appagata, neanche dopo aver mandato i primi, seppur scarni risultati della sua indagine in terra natale. Schuttern forse non aveva fretta di perdere la sua giornalista migliore, ma Robin se ne sarebbe andata in grande stile. Andavano fatti dei sacrifici, non aveva paura di tagliare qualche testa o tradire le aspettative di un uomo che l’aveva trattata con una sufficienza immeritata. Di mezzo c’erano il suo futuro, la sua carriera e le sue ambizioni e lei non sarebbe scesa a compromessi per ottenere ciò che voleva. Per quel motivo e per mille altri si trovava alla Gazzetta del Profeta, quel pomeriggio.

    Era seduta in mezzo a tanti volti anonimi, perlopiù giovani, tutti convinti che sarebbe bastato il completo buono e qualche moina per convincere il signor Smith del loro talento. Robin si era svegliata nel più minuto dei suoi due scheletri, quello dai capelli biondo miele e lo sguardo vispo, coraggioso. Sotto il primaverile cappotto verde scuro, in quel momento chiuso, la Mann aveva indossato un coordinato completamente bianco, dalla giacca a doppiopetto ai pantaloni a sigaretta, un dolcevita grigio a costine sottili e stivaletti in pelle nera; gioielli semplici, dorati, ciocche raccolte in un’acconciatura elegante, uno chignon tirato e chiuso sulla nuca da un fermaglio. Poco trucco ed i suoi articoli migliori tradotti in una cartellina dello stesso colore del cappotto. Non avrebbe giocato sul suo aspetto fisico, quello cambiava in continuazione: sarebbero stati la sua testa ed il suo talento, la sua dedizione a convincere il signor Smith. Anche su di lui aveva fatto le dovute ricerche, ma avrebbe cercato di non far trasparire nulla di ciò che aveva appreso, sia per non metterlo in difficoltà, che per non fare brutta impressione. A certi colloqui era andata convinta di dover essere lei l’esaminatrice, quella che avrebbe indagato su stipendio, condizioni e straordinari, ma Vincent Smith era un professionista e non ne avrebbe avuto bisogno.

    Quando l’uomo emerse dal proprio ufficio, Robin abbozzò un sorriso cordiale. Era la prima della lista, eppure non si sentiva agitata come avrebbe dovuto. Anche la sua postura trasudava sicurezza e tranquillità. Ascoltò il signor Smith salutare i candidati, in attesa. Contenersi non era certo facile, ma si impegnò il più possibile.

    Robin Mann? Vieni pure e accomodati, è il tuo turno.

    Il Caporedattore stava cercando di sembrare rassicurante e vide alcuni dei presenti rilassarsi dopo quei lunghi minuti di attesa. Erano piuttosto numerosi ed era facile sentirsi intimiditi, quando per primi non si era sicuri delle proprie potenzialità. Robin non era certamente di quella scuola.

    - Grazie mille, - rispose, superando la soglia, non senza aver fatto un cenno agli altri candidati.

    L’interno dell’ufficio di Vincent Smith era accogliente. Una poltrona dall’aria comoda, un orologio di design… persino i divani sui quali erano stati fatti accomodare gli aspiranti giornalisti suggerivano qualcosa sul gusto del Caporedattore. Prese posto davanti alla scrivania dopo essersi guardata cautamente intorno, proprio nella manciata di secondi che Smith si prese per sbirciare fuori dalla finestra. Era una giornata terribile, sì, ma Robin era pronta a rivoluzionarla.

    Allora, per prima cosa mi piacerebbe che mi parlassi un po’ di te. Raccontami brevemente chi sei, dei tuoi interessi e anche di cosa ti ha portato fino a qui. Sono molto curioso.

    Aveva preparato una versione edulcorata della verità, in vista di quella domanda. Voleva provare ad essere il più sincera possibile, dato che, se tutto fosse andato come sperava, avrebbe lavorato a stretto contatto con quell’uomo e non voleva che Smith arrivasse a scoprire del suo passato da Schuttern, oppure per vie traverse. Si era costruita una nuova vita a Londra, nei mesi precedenti al colloquio, con una coinquilina, alcuni amici, il cugino dall’America che viveva nel suo stesso quartiere, ma la sicurezza non era mai troppa.

    - Come potrà aver intuito, signor Smith, non sono inglese. O almeno, lo sono per metà. Mio padre è tedesco… lui e mia madre sono tornati a Berlino subito dopo essersi fidanzati, a seguito della Seconda Guerra Magica. Io sono cresciuta lì e… beh, diciamo che sono sempre stata interessata al giornalismo, solo che da piccola si trattava di creare le mie personali riviste con pennarelli, colla e qualche foglio di carta. Mi piaceva disegnarne i fumetti, creare dei quiz per poi propinarli ai miei genitori, che speravano nel mio… allontanamento, diciamo, dal mondo della magia. Quel che mia madre ha vissuto durante la guerra è stato troppo, per lei… anche se non mi hanno mai forzata a non usare la magia, anzi, posso vantare il fatto che mi abbiano ciecamente incoraggiata nelle mie inclinazioni. Ho studiato a Durmstrang e giocavo nella squadra di Quidditch della scuola. All’inizio volevo diventare giornalista sportiva, in effetti, perché non volevo abbandonare totalmente la scrittura, né ero abbastanza brava da percorrere la via del professionismo nello sport, sarò sincera! Sono rimasta molto appassionata, però. E dopo la scuola ho vissuto tanto tra i babbani. Mi affascinano la loro musica, la cultura underground che si è creata soprattutto a Berlino, ed ho imparato tante cose anche dal loro modo di scrivere, di raccontare la realtà. Credo siano stati dei romanzi babbani a spingermi verso il giornalismo in maniera definitiva… così ho cominciato a tampinare il mio primo Capo Redattore, il signor Schuttern del Hinter den Spiegel, pregandolo di assumermi, e per anni ho fatto gavetta, è stata tutta la mia vita… lo è tuttora, ma ho avuto bisogno di cambiar aria, cambiare mete. Penso che l’ambizione sia il tratto vincente della mia personalità, però anche il mio difetto fatale, così eccomi qui. Mi sono appoggiata ai miei cugini, che già sono qui, ed ho fatto un cambio di vita radicale. Ho portato i miei vinili, trovato una coinquilina e trasferito tutte le mie piante grasse. Per qualche tempo mi sono semplicemente ambientata, ho cercato di capire come funzionassero le cose in questo Ministero e sono entrata nella comunità magica inglese… adesso vorrei mettermi in gioco e vorrei scrivere per lei. La Gazzetta del Profeta è il quotidiano più popolare qui e vorrei poterne essere una voce imparziale, perché ciò che sta accadendo al governo, l’insicurezza degli ultimi anni… vanno indagate. Credo fermamente che la verità vada raccontata. -
     
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    Vincent amava passare per il buon compagnone di turno.
    Era forse il più abile dei suoi camuffamenti: riusciva quasi sempre ad apparire come l’amico sincero e gentile, come quella persona che ti sa illuminare la giornata come un raggio di sole.
    E per molti versi lo era davvero, tuttavia quel travestimento gli consentiva di illudere chi voleva di poter essere qualcuno a cui poter mettere facilmente i piedi in testa, cosa che non poteva essere più sbagliata di così.
    Non aveva mai usato questa sua dote in maniera scorretta ma era quella che lo aveva fatto diventare un ottimo giornalista. Aveva fatto carriera riuscendo a farsi confessare informazioni che altri, a parità di ruolo ed esperienza, non ottenevano e, considerato anche quanto fosse sempre stato bravo nel tracciare una linea di confine tra ciò che era giusto mettere su carta e cosa no, infine i suoi sforzi erano stati ripagati.
    Era riuscito a diventare Caporedattore della Gazzetta del Profeta, in barba al fatto che il suo curriculum non fosse proprio dei più ordinari.
    Nel corso della sua vita, l’Americano era riuscito a impiegarsi nei lavori più vari e persino assurdi, lasciando forse così trasparire da quest’unica peculiarità quella dose di irrequietezza che albergava nel suo animo.

    Seduto di fronte a Robin Mann, Vincent si limitava a osservare e ascoltare la sua esaminanda con aria seria e concentrata, benché rilassata.
    Lasciò che parlasse liberamente, senza interrompere quell’apparente flusso di coscienza: era raro che i candidati a un colloquio di lavoro si lasciassero prendere dalla spontaneità ma riteneva anche giusto che fosse così.
    Prepararsi sulle possibili domande era indice di interesse al posto per cui ci si stava candidando e aveva come l’impressione che la persona che gli stava seduta di fronte fosse qualcuno che ci tenesse a dimostrare di cosa era capace.
    Mentre la ascoltava, le dita piene di anelli della mancina accarezzarono brevemente il lieve strato di barba che ricopriva la mandibola, appena prima che un angolo della bocca si sollevasse verso l’alto.

    -Sa, neanche io sono inglese. Mio padre è americano e mia madre è scozzese, per cui c’è qualcosa che condividiamo, pare. La capacità, forse, di guardare all’operato di questo Paese senza che l’eccessivo patriottismo offuschi la nostra capacità critica.-
    Aveva particolarmente apprezzato l’aneddoto che la ritraeva a realizzare riviste e fumetti da bambina. Per un momento gli occhi di Vincent si staccarono da quelli della candidata per direzionarsi sulla foto di Nathan che teneva sulla scrivania: sarebbe stato carino vederlo, tra qualche anno, impegnato nella medesima attività.
    Riuscì ad avvertire una leggera fitta di calore all’altezza del petto già solo a immaginarlo, ma tornò celermente a dedicare tutta la sua attenzione sulla candidata, consapevole che in quel momento era quella la sua priorità.
    Magari quella sera però, dopo cena, avrebbe potuto provare a mettere in mano a Nate una copia della Gazzetta e vedere cosa ci avrebbe fatto, a parte ridurla in tanti coriandoli.

    -Immagino abbia portato degli articoli scritti precedentemente… vorrei visionarli.- le disse, occhieggiando la cartellina verde scuro, perfettamente abbinata al cappotto che stava indossando. Una scelta che Vincent, un po’ ossessionato dalla moda e da questo genere di particolari, non poté fare a meno di apprezzare.
    Avrebbe allungato la mano verso di lei e, non appena Robin avesse acconsentito alla sua richiesta, avrebbe aperta l’oggetto, ruotando appena sulla sedia.

    -Non conosco personalmente Schuttern, ma ho avuto modo di informarmi. So che non è uno sprovveduto e probabilmente se l’ha assunta è perché sa fare bene il suo lavoro. Hinter den Spiegel non è proprio un giornalino qualsiasi.-
    Tamburellò per qualche secondo sulla copertina della cartella, soppesando mentalmente le parole che avrebbe pronunciato di lì a poco.
    -So che la Gazzetta del Profeta in passato è stata… simpatizzante nei confronti dell’operato del governo, ma questa non è una linea di lavoro che mi appartiene e da cui mi tengo bene alla larga. Cerco sempre di essere imparziale e corretto, fa parte della mia etica personale e professionale.- le disse, senza girarci troppo intorno.
    -Anzi, credo addirittura di non rientrare tra le conoscenze preferite del nostro caro Ministro, ma immagino che me ne farò una ragione.- le rivelò, trattenendo a stento una leggera risata.
    Si prese qualche momento per dare una veloce scorsa all’operato della Mann, senza però soffermarsi troppo a lungo, almeno per il momento. Aveva intenzione di dedicarvisi con calma in un secondo momento, ma già da quella breve occhiata si era fatto un’idea generale di che tipo di giornalista potesse essere la persona che aveva di fronte.

    Richiuse la cartellina e la appoggiò su una porzione di scrivania ancora sgombra per il momento. Sapeva già che per la fine di quel pomeriggio sarebbe diventata una pila piuttosto alta.
    Si prese poi la libertà di afferrare una caraffa d’acqua e versare un bicchiere per sé e uno per Robin, lasciandolo scivolare verso di lei nel caso in cui avesse avuto bisogno di bere.
    -Immagino che abbia avuto modo di leggerci da quando è qui… mi chiedevo se avesse delle proposte per migliorare il giornale, magari una nuova rubrica in particolare di cui vorrebbe occuparsi o qualcosa del genere… Mi piace vedere spirito di inventiva e iniziativa nei miei colleghi, soprattutto quando conditi da una buona dose di ambizione.-
    Intrecciò le dita sotto al mento e si preparò ad ascoltare la risposta della candidata.

    //Hai tempo per rispondere fino a domenica 8/05/2022 alle 23:59
     
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2 replies since 5/4/2022, 16:08   67 views
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