Grinch Schedule

R. Logan

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    -Scommettiamo che c'ho ragione io e che il Caso Wesson non è a un punto morto?- una goccia di sudore cola dalla punta del naso dissestato, prima che le iridi oceaniche tornino ad inquadrare con aria di sfida quelle vitree di Rhysand. Oggi è toccato a Logan fare sparring con il sottoscritto e, tra un velato insulto e una più esplicita scazzottata regolarizzata, siamo finiti a discutere sul Caso Wesson, una delle indagini più spina nel culo del Dipartimento. Sembra che il frutto delle nostre ricerche punti a vari vicoli ciechi, ma non è ancora detta l'ultima parola, perché ho deciso di sguinzagliare la recluta Lungbarrow, e confido nella sua intelligenza e nel suo desiderio di raggiungere il livello degli altri sbirri per trovare dei nuovi indizi.

    - Come ti pare, tanto ho ragione io e voi Auror state perdendo tempo con questa stronzata. Scommettiamo e, se perdi, la smetti di tirarmi coppini. - fa lui con il solito tono che, come risposta, invita l'interlocutore a usare il linguaggio degli schiaffi. Al ché io scrollo le larghe spalle, prima di sollevare la guardia e, successivamente, andargli incontro con un gancio sinistro che il ragazzo para senza troppi problemi. Poi è lui a martellarmi, e lo fa con una tecnica invidiabile e la prestanza fisica della sua ventina d'anni, cosa che mi fa imprecare mentalmente fino a quando non scorgo, alle sue spalle, la figura flessuosa di Layla. Il sorriso che mi rivolge la rossa non può significare altro se non "vittoria", dunque ora sono io a sorridere, malevolo, all'indirizzo di Logan.

    -Se perdi tu, invece, mi accompagni a fa' shopping pe' Natale.- proferisco come se nulla fosse, facendo un cenno all'ex-Grifondoro con il mento. E lo so. Lo so perfettamente di avere vinto: questo significa che, il biondino forastico nei miei pressi, dovrà assecondarmi. Non mi sentivo così bene da quando gli Hibs hanno vinto l'ultima Coppa di Scozia, nel 2016.



    Malcolm Bowie, conciato come uno di quelli che suo padre simpaticamente chiamava "un coglione", aveva deciso di impelagarsi in un'impresa epocale e, per farlo, aveva trascinato il suo migliore amico nell'abisso: insieme a Jo stava organizzando una sorta di party aziendale per festeggiare senza troppe pretese l'arrivo delle festività natalizie. Non che avessero escogitato chissà quale evento mondano - non era nelle corde di entrambi - ma, a detta dell'Animagus, non era un'idea troppo bislacca: si sarebbero sciallati in compagnia, con il pretesto dell'avvento di Santa Claus. Niente di più, niente di meno. Dunque, quel giorno Ziggy era andato in missione in felpa con cappuccio verde bottiglia, salopette bordeaux e bomber smanicato nero abbinato all'anfibio consunto, con uno dei suoi sottoposti prediletti, ovvero Rhysand Logan, ovvero lo stesso ragazzo che, ahilui, aveva perso la scommessa durante l'allenamento del mercoledì. Due colossi imbruttiti all'interno di Mielandia non si vedevano tutti i giorni, ma erano lì non per dare spettacolo, quanto più per racimolare abbastanza leccornie da spacciare durante la festa di addio all'anno domini 2040.

    -Se non la pianti di protestare, finisce che t'addobbo come 'n arbero de Natale. Pe' rimanere in tema.- sbuffò il rispettabile Capo Auror, scartabellando il catalogo del negozio alla ricerca di ispirazione, senza degnare di uno sguardo l'agente della Squadra Speciale Magica. Inspirò profondamente dalle narici, quando una signora sulla settantina domandò di poter passare oltre i due energumeni.

    -Ma certo, signò, ci scusi.- pronunciò il trentatreenne, prima di dare una piccola spallata al Grinch al suo fianco -A maleducato, fa' passare la signora.- lo rimbrottò a presa per il culo ma, muovendosi come il solito gorilla sgraziato, diede una gomitata ad un'alzatina contenente delle Api Frizzole. Imprecò a mezza voce, suscitando nella signora una soffocata esclamazione di sdegno e, una volta tolta di mezzo quest'ultima, l'uomo tornò dalla sua testa calda preferita.

    -Che cazzo se magna ad una festa di guardie e gente incravattata?- domandò all'indirizzo di Logan, sollevando un sopracciglio -Ma giustamente come cazzo fa a saperlo 'na bestia come te...- aggiunse in un moto d'affetto (!) sussurrato, prima di piegare le ginocchia e andare a raccogliere i dolciumi che aveva fatto cadere con la sua mole ingombrante. Si prospettava una giornata allegra e spensierata.
     
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    Detestavo parlare. Vent’anni e ancora non capivo il cazzo di senso nel comunicare con il prossimo.
    Non sopportavo nemmeno dover parlare con Bowie mentre ce le stavamo dando, nonostante dicessimo ovunque ch’era un semplice ed innocente allenamento, eppure quel maledetto caso era uscito sul ring.
    Non ne potevo più di vedere agenti della sua squadra entrare nei nostri uffici per il Caso Wesson, così come non ne potevo più di sentirne parlare ovunque andassi tra i corridoi del Ministero –Stai perdendo tempo- dissi mantenendo sotto controllo la respirazione, guardia alta e le iridi puntate sulla sua brutta faccia.
    Risi alle sue parole parando un suo colpo, sentendo il sudore scorrermi lungo il collo mentre ribattevo contro di lui.
    Probabilmente se gli agenti di Bowie non fossero stati dei costanti bambini capricciosi con disturbi depressivi, non avrei detestato quel caso, forse nemmeno l’avrai considerato una perdita di tempo ma alla fin fine era sempre tutto uguale: non me ne fregava un cazzo, specialmente quando mi allenavo.
    Datemi pure del senza cuore o senza morale, ma la verità è questa.
    Per questo dissi quelle dannate parole, per questo mi fermai per brevi istanti abbassando la guardia e passandomi una mano tra i capelli bagnati soltanto per levarli via dal mio viso prima di puntare la mano fasciata contro di lui.
    - Come ti pare- dissi -Tanto ho ragione io e voi Auror state perdendo tempo con questa stronzata- continuai, tralasciando tutti gli altri aggettivi poco cordiali perfetti per descrivere la sua squadra -Scommettiamo e, se perdi, la smetti di tirarmi coppini. – era una scommessa del cazzo, priva di valore e significato. Non mi importava dei coppini e non mi importava aver ragione o meno, volevo soltanto finire il mio maledetto allenamento e magari sbattere pure il suo culo a terra.
    Perciò riportai in alto la guarda, braccio sinistro in avanti e quello destro vicino al mio viso. Lo vidi attaccare e parai, imprecando tra i denti perché sapevo che fermarsi sarebbe stata una pessima idea e poi lo colpii ancora.

    Avevo visto il sorriso sul volto di Malcolm, il suo sguardo puntare al di là della mia spalla e se solo mi fossi nuovamente fermato, se solo avessi guardato cosa il Capo Auror stava guardando a sua volta, avrei visto la figura della rossa poggiata alla porta d’ingresso, lo stupido sorriso sulla faccia che segnava l’ennesima fregatura.



    Se c’era un modo per descrivere l’espressione di Rhysand in quel momento, beh, avrebbe voluto saperla anche il sottoscritto. Probabilmente il termine “sparatemi in faccia, ora” era il perfetto compromesso mentre i grandi studiosi cercavano ancora la definizione corretta da usare per capire l’espressione facciale del biondo in quel momento.
    Mielendia parve improvvisamente minuscola ora che i due animali avevano varcato l’ingresso, Malcolm con il suo stupido bomber addosso mentre lui indossava una camicia di flanella a quadri sotto ad uno smanicato in pelle.
    -Non ho ancora cominciato, in realtà- rispose Logan, appoggiato contro ad uno scaffale mentre l’altro sfogliava per la seconda volta il catalogo –Si può sapere perché cazzo vuoi fare una festa?- brontolò come sempre, ignorando la figura della vecchia signora che già aveva intravisto qualche attimo prima, perché troppo impegnato a guardare lo strano oggetto posto sullo scaffale nel mobile che aveva usato come appoggio, insieme allo schifo impresso sul volto.
    Detestava i dolci.
    Detestava il natale.
    Ma detestava ancor di più le vecchie rompi cazzo.

    Guardò Bowie, poi volse lo sguardo verso la signora alle sue spalle, abbassandolo perché da lontano non era così bassa -Tre corsie, proprio qui doveva passare?- disse perché non aveva un cavolo di filtro alla bocca, come non lo aveva alle mani e a tante altre cose, ma si spostò lo stesso. Da una parte perché la causa fu la spallata di Malco e dall’altra perché quella aveva inchiodato i maledetti piedi al pavimento.
    Non si mosse quando la scatola cadde a terra, incrociò le braccia al petto invece, perché era già tanto trovarsi lì, perché in quel momento avrebbe potuto fare qualsiasi cosa se non fosse stato colpa della rossa –Perché la cravatta?- era strano come per certi versi, l’idea di indossare una cravatta per Rhysand fosse più catastrofico in confronto alla verità dietro al famoso caso Wesson. Oltrepassò lo scozzese, sfiorando appena con la punta dello stivale i dolciumi ch’erano caduti a terra per colpa di Malco, iniziando a guardarsi intorno –Che ne so, buttati sull’alcool o su qualcos’altro più forte- rispose voltando il capo alle proprie spalle –Non potevi lasciare questo compito ad uno dei tuoi agenti o alle reclute? Non è che facciano molto, comunque-
     
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    –Si può sapere perché cazzo vuoi fare una festa?-



    Già, perché voleva fare quella cazzo di festa?
    Bowie non era mai stato né un party animal, né una persona estroversa bisognosa del contatto sociale per rinfrancare il proprio spirito. Anzi, era molto più simile ad uno di quegli strani tizi che trovano maggiormente confortante rinchiudersi in una casina sperduta lontano dalle rotture di palle, che rispondono a grugniti e attraverso minacce di morte gratuite; tuttavia qualcosa, nel retro del suo cervello, gli aveva suggerito di mobilitarsi e organizzare qualcosa: forse si trattava degli ultimi strascichi di reazione nei confronti di quanto accaduto in primavera e, più privatamente, in autunno. La consapevolezza di essere vulnerabile, esposto come un nervo, lo aveva in qualche modo spinto a credere che festeggiare l'avvento del Natale potesse in qualche modo instillare in se stesso e nei suoi colleghi una sorta di sgangherata e non molto convinta scintilla di speranza per il futuro. Godersi il presente, con tutti i ninnoli aberranti che la festività porta con sé, e godersi chi ancora c'è. Non lo avrebbe proferito ad alta voce, non davanti a Rhysand: provava un istintuale senso di protezione nei suoi confronti e sapeva che, la vita, lo aveva già bastonato abbastanza. Molto meglio infastidirlo con quella storia della festa e fargli sfoggiare il suo lato rognoso, che deprimerlo con la filosofia del tutto è perduto. Non se lo meritava neanche una testa di cazzo come Logan.

    -Perché mi diverte sapere che non ti diverti.- replicò con una scrollata di spalle, a presa per il culo, per poi lasciar passare la vecchietta che il biondino aveva ovviamente blastato perché incapace di tenere a freno la lingua. Lo sbirro alzò gli occhi al cielo, ancora intento a raccogliere le Api Frizzole che aveva fatto cadere con una gomitata, e un ennesimo sbuffo partì dalle labbra sottili nel momento in cui Rhysand proferì nuovamente parola.

    -Boh, i dipendenti degli altri livelli del Ministero so' tutti vestiti bene, era un modo per etichettarli e differenziarli dalla feccia come noi.- rispose con evidente ironia a sporcare il timbro vocale, inarcando un sopracciglio come se gliene fregasse davvero di quel tipo di argomento -Tu vestiti come cazzo ti pare, tanto sei brutto uguale.- aggiunse, mollandogli una pacca sul polpaccio, prima di tirarsi su in piedi tra un impropero e l'altro. Non era più un pollastrello di prima penna e le ginocchia ci tenevano a ricordarglielo.

    Alla parola alcol, la mandibola del Grizzly pulsò un'unica, impercettibile volta, prima che la sua faccia si distendesse in una delle sue solite espressioni corrucciate: -Vabbè, ovvio che ci saranno gli alcolici, sennò i miei agenti e le mie reclute come farebbero a sopportarti?- frecciò all'indirizzo di Logan, radunando altre schifezze per la pancia randomiche all'interno del carrellino che si era trascinato dietro dall'ingresso. Un carrellino talmente piccolo che, rapportato ai due gorilla, sembrava costruito per le bambole.

    -Me le tiri proprio fuori che è un piacere.- un ghigno si affacciò sotto i baffi rossicci, poi, un'ombra passò sopra le iridi oceaniche, testimone di una sua più cupa riflessione: se la stava cavando bene, non aveva più toccato neanche una goccia di Whisky da ormai mesi, ma era una lotta continua. E organizzare una festa, dove l'alcol sarebbe scorso a fiumi, sarebbe stata una vera e propria prova di coraggio.

    -Comunque, penso che delle pizzette del cazzo, salatini e altre robe del genere possano andare. Insieme a tutti 'sti dolci, chiaro.- asserì pragmatico, muovendosi a fatica tra le corsie striminzite di quel negozio iperglicemico. Ma non si era dimenticato della stoccata che il ragazzo aveva scagliato contro la sua squadra, dunque gli rifilò il carrellino e puntellò il polpastrello del dito indice sulla sua fronte: -Non avrei mai potuto privarti di cotanto onore, lo sai.- e, concludendo la frase, gli mollò una schicchera e fece dietro-front.
     
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    -Perché mi diverte sapere che non ti diverti.-



    Scosse la testa a quelle parole, nascondendo il minuscolo sorrisetto beffardo che lottava di palesarsi sul proprio viso mentre abbassava lo sguardo sull’altro. Piegò appena la testa, notando quanto poco gli ci volesse per dargli una pedata abbastanza da far perdere a Malcolm l’equilibrio che aveva sulle proprie ginocchia, facendolo cadere sul perfetto e schifosamente colorato pavimento del negozio di dolci.
    Non c’era esattamente un perché, era probabile che Rhysand si stesse semplicemente annoiando o che stesse dando corda a pensieri che solitamente dovrebbe ignorare, come quello di buttare a terra il Capo Auror con una pedata senza alcun motivo.
    Beh un motivo, in realtà, c’era.

    -Dovresti trovarti un hobby- mormorò, seguendo con lo sguardo la stessa vecchietta che l’aveva guardato male per la carenza di buone maniere, appoggiando il gomito ad uno scaffale mentre continuava a toccare qualsiasi cosa gli capitasse sottomano –Sei un po’ troppo ossessionato da me, Bowie- continuò prendendolo palesemente in giro, rigirandosi tra le grandi mani tatuate una scatoletta di dolci, o almeno così credeva.
    -E poi dovresti preoccuparti di quelli che non si divertirebbero proprio perché sono a quella festa- commentò, aggrottando appena le sopracciglia bionde, le vitree iridi fisse sull’etichetta del prodotto prima che il biondo la riponesse in malo modo sul proprio scaffale.
    Non era una novità né per lui tanto meno per lo scozzese che non tutti gradissero la sua presenza, per i suoi buzzurri modi di fare, per quella maledetta lingua lunga che non stava mai zitta nei momenti giusti o quando si azzittiva quando invece avrebbe dovuto parlare, del suo carattere sempre un po’ troppo instabile o per come lavorasse a differenza degli altri.
    Lo sapeva benissimo senza che Benjamin glielo ricordasse ogni giorno che se solo avesse ricominciato a lavorare in squadra come faceva quando ancora c’erano Iris e Lucien, sarebbe stato imbattibile e invece, ultimamente, non faceva altro che prendere casi che poteva benissimo gestire da solo.
    A volte persino Malcolm non se ne stava zitto su quell’argomento, vedendo il biondo varcare l’ingresso della palestra con in mano i fascicoli dell’ennesimo caso a cui stava lavorando, abbandonandoli ai lati del ring così che si potesse allenare insieme all’altro Agente, ritrovandosi sempre a parlare dei casi che avevano.
    “Halloween è passato da un pezzo, Bowie. Non è tempo ti togliersi la maschera?” l’ultima volta che aveva commentato la cicatrice dell’uomo, Rhysand si era beccato una dose doppia di coppini e la pulizia senza magia dei bagni degli spogliatoi maschili. Il solo pensiero gli faceva venire i brividi.

    -Parla per te, vecchio- pigiò nuovamente il biondo, sentendo la brutta e pesante mano dello scozzese sul proprio polpaccio, provocando per la prima volta da quando si trovavano lì dentro una minuscola risata da parte del vent’enne, che lo superava e cambiava corsia.
    Per la prima volta da quando mise piede lì dentro, Logan, parve veramente intenzionato a capire che diavolo mettere nel minuscolo carrello, leggendo velocemente le etichette dei vari prodotti si avvicinò a Malcolm con in mano due confezioni di bacchette di liquirizia e altre cose bloccate tra le dita della mancina, lasciandole cadere nel carrello insieme alle altre cose.
    -È già tanto se sanno tenere in mano una bacchetta- borbottò più tra sé e sé che a lui, sollevando lo sguardo e bloccando le vitree iridi in quelle oltremarine dell’uomo, stampandosi sul volto il più paraculo e falso sorriso infame impresso sul volto –Per fortuna non ti tiro fuori altro- proferì con l’intenzione di superarlo, non prima di lasciare una pacca sul petto di Bowie come a mo’ di saluto se solo non si ritrovò la strada bloccata dallo stupido carellino.
    Fu lì che Rhysand si ritrovò a spostare lo sguardo da Malco al carello, dal carello a Malco, la confusione impressa sul volto insieme all’inesistente voglia di spingere quell’affare in quei piccoli corridoi; chiunque avesse costruito quel posto doveva essere uno gnomo. Rhysand non trovava altre spiegazioni.
    -Oh grazie, molto adorabile da part…- ma si fermò, chiuse gli occhi e si volto verso il capo che fuggì dopo il colpo dato. Non ci mise molto Rhys ad afferrare la prima cosa che trovò nel carrello per lanciarla alle spalle dell’uomo, ignorando –ancora una volta- lo sguardo disturbato e sotto shock della stessa vecchietta di prima.

    -Come sta il chicken nuggets?- chiese totalmente appoggiato al manico del carrello, guardando le spalle di Bowie come se non avesse appena colpito il retro della sua capoccia con una scatola di dolci, sostituendo la perdita con altre confezioni buttate a casaccio dentro al carellino.
     
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    Passare del tempo con Rhysand Logan non era una piaga così terribile come si potesse pensare o come il biondo stesso credeva che fosse: sì, era un cagacazzo della peggior specie. Sì, era un provocatore nato, esattamente come la bandiera verde-argento imponeva ai suoi adepti. Sì, era fastidioso quanto una piattola attaccata allo scroto e sì, quando ci si aggrappava, sembrava incapacitato a mollare la presa. Malco aveva notato più volte la quantità di nemici che Logan era in grado di nutrire, anche solo varcando la soglia della palestra dentro cui le forze dell'ordine svolgevano i propri addestramenti. Aveva notato il modo quasi masochistico che il ragazzo aveva di dimostrarsi antipatico, quasi l'odio covato dal prossimo fosse, per lui, motivo di vanto. Tuttavia, Bowie aveva visto altro: non solo quando avevano avuto quel piccolo e innocente colloquio privato che aveva stritolato il muscolo cardiaco di entrambi, per differenti motivi. Bowie aveva visto altro anche nel modo in cui Rhysand soleva osservare i suoi compagni, il modo in cui ne studiava i movimenti e assimilava le tecniche di combattimento. Aveva visto altro anche quando gli era capitato di scorgere il giovane in compagnia di Vincent, o della Mason. O quando aveva portato sua figlia Marceline al Quartier Generale, per farla conoscere ai suoi agenti. Aveva visto altro e questo lo aveva portato gradualmente ad affezionarsi e a trovare quasi piacevole passare del tempo con lui.

    Ad ogni modo, malgrado tutti i buoni propositi, una cosa era certa: Rhysand Logan era in grado di prosciugargli le palle in un modo che nessuno era in grado di replicare e, quel giorno, stava confermando ognuna delle sue contraddittorie elucubrazioni.

    -Non essere così duro con te stesso, Logan. In fondo, lo sanno tutti che sei un adorabile bamboccione.- lo perculò, con il tono di voce che era solito usare per quel tipo di scambio al vetriolo, prima di sentire distintamente la coltellata piantarsi nel cuore sotto forma della parola "VECCHIO". Se solo si fossero trovati tra le pagine di un manga, sulla tempia del Capo degli Auror si sarebbe potuto scorgere il classico simbolo della rabbia fumettistica, la vena che pulsa in rilievo condita di uno sguardo a mezz'asta sull'esasperato andante. Trattenne a stento il desiderio di afferrare Rhysand per la collottola e ficcargli la testa calda nel cesto delle Merendine Marinare, optando per una ben più nobile maturità. Cosa che, in effetti, lo rendeva più saggio. E quindi più vecchio.

    Comunque, l'idea di mollargli il carrellino e farlo finalmente sgobbare in quel mare di possibile diabete, lo aveva aiutato a non cedere. Ziggy si voltò in direzione della vecchina che, in tutto ciò, cercava di fare le proprie compere e al contempo di ficcare il naso negli affari dei due energumeni (da brava pettegola di paese, d'altronde, era un lavoro sporco ma qualcuno doveva pur farlo), sollevando gli angoli della bocca sottile in una smorfia che, in teoria, doveva essere un sorriso. La donna sobbalzò appena sul posto, dissimulando l'interesse da dietro lo stand dei lecca-lecca al sangue. Al ché il Grizzly inclinò il testone bruno da una parte, confuso, prima di sentire qualcosa sbattere contro la nuca: Mr. Simpatia era talmente simpatico da avergli appena tirato dietro una confezione pentagonale, classica delle Cioccorane.

    -Ao, mò m'hai rotto il cazzo.- bofonchiò elegantemente, raccogliendo la Cioccorana e girandosi verso il cecchino improvvisato, a cui rivolse un paio di caricaturali fessure color oltremare, ovvero un paio di occhi foderato nell'oltraggio. Avanzò verso di lui che, nel frattempo, si era appoggiato al carrellino e, una volta giunto al suo cospetto, fece cadere il dolciume nella pila disordinata sotto i loro nasi: -Continua e ti faccio entrà a forza dentro una delle figurine.- minacciò fiaccamente, più per rispolverare un po' di sano linguaggio del molo che per vero fastidio. Poi, la domanda sulla piccola March arrivò inaspettata: sbatté le ciglia un paio di volte, per mettere a fuoco il ragazzo, poi le brutte mani si ancorarono al metallo del carrellino, dalla parte opposta rispetto a quelle di Logan.

    -Piagne, magna, ride, strilla e se la fa ritmicamente addosso: direi che sta 'na crema.- replicò, accorgendosi nell'immediato seguito di come il suo timbro vocale, nel parlare di sua figlia, si fosse automaticamente ammorbidito, assieme alla sua espressione che, da perennemente corrucciata, risultò un pelo più intenerita. Eccolo, il classico stereotipo del padre rincitrullito dalla vivacità genuina della propria progenie: ad occhio esterno doveva apparire patetico. Ovviamente, non gliene fregava un cazzo.

    Nel frattempo, però, per non farsi mancare niente e per imperversare con la serie di dispetti reciproci, Bowie strattonò all'improvviso il carrello, contenendo la forza con il solo intento di far sbilanciare il biondino in avanti. Soddisfatto del proprio operato (molto maturo, da parte DI UN VECCHIO), allungò un bastoncino di liquirizia davanti al muso rognoso dell'agente, in segno di presunta pace.

    -Vuoi passare a salutarla, finita la spesa?- domandò a bruciapelo. Non che si aspettasse una risposta affermativa quanto entusiasta, ma tanto valeva provare: a Marceline, differentemente dal resto del mondo, Rhysand Logan non sembrava stare antipatico.
     
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    Rhysand sapeva quanto potesse diventare fastidioso a volte, sapeva ch’era difficile da sopportare quando decideva che nulla sarebbe stato in grado di cambiare il suo umore; sapeva che non sapeva fermarsi, sapeva che in base a come avesse passato la notte il suo carattere sarebbe cambiato, che ogni scusa era buona per provocare, per insistere dinanzi al suo interlocutore soltanto per vederlo perdere le staffe, sapeva ch’era anche un modo per difendersi mostrandosi totalmente indifferente e piatto quando in realtà avrebbe ripensato alle parole proferite o al pensiero che avevano di lui per giorni interi.
    Sapeva e detestava l’idea che anche se la percentuale fosse bassa l’interessa di ciò che pensavano di lui un po’ gli importasse eppure, non si fermava mai dal mostrare il peggio di sé.
    Sapeva che non si fidava, che faceva una fatica immensa, che era un continuo cambiare i passi che faceva in avanti con quelli indietro perché privo di certezze, certezze che gli altri restassero nonostante i suoi atteggiamenti del cazzo, perciò li testava.
    L’aveva fatto con Draco e poi con Charlotte, ci aveva provato con suo padre soltanto per restare con quel sapor amaro che l’ex infermiera di Hogwarts gli avevano lasciato in bocca.
    Lo stava facendo con Vincent, consapevole che a volte diventata troppo duro con l’americano forse perché sapeva che non avevano nulla che li legava, che lui non aveva nessuna responsabilità per il disagiato ragazzo biondo di vent’anni.
    L’aveva fatto con Benjamin continuando a chiedersi del perché non l’avesse ancora buttato fuori dalla squadra e lo stava facendo con Malcolm.
    -Forse era per questo che mamma era tanto ossessionata da me- disse con nonchalance, stampandosi sul viso il sorriso più paraculo e falsamente innocente che potessero mai inventarsi, proprio lì, impresso sul suo volto.
    Camminava dentro a quell’orribile negozio spingendo il carrello, sempre appoggiato al manico con le braccia, buttando le prime cose che notava senza nemmeno leggere, solo dopo –probabilmente- avrebbe notato la quantità di cioccolatini ch’erano finiti dentro al carrello.

    Mentiva se diceva che non esisteva un motivo del perché lo tormentasse, del perché in qualche modo non riuscisse a trattenere quel lato da cazzone che usciva sempre più spesso in presenza di Bowie; mentiva se affermava che ogni volta che lo vedeva in presenza del cugino cambiava strada o diventava di uno stronzo arrogante e fastidioso.
    Non aveva mai avuto quello.
    Una famiglia su cui contare, una persona nella propria vita talmente tanto simile a sé da non aver bisogno di parole per capire cosa non andasse, qualcuno che fosse del suo stesso sangue che non lo odiasse perché semplicemente respirava. Afferrò brevemente il labbro tra i denti, quel sorrisetto bastardo quasi giocoso impresso sul volto, guardandolo mentre si avvicinava verso di lui dopo il lancio perfetto della Ciocorana, sollevando le spalle così da proteggere il proprio collo, convinto in qualche modo che prima o poi gli sarebbe arrivato l’ennesimo coppino.
    -Oh andiamo- mormorò trattenendosi dal ridere, perché tutta quella situazione faceva fottutamente ridere –Hai la capoccia così dura che nemmeno un rinoceronte te la spaccherebbe- continuò, perché era dannatamente stupido e masochista. E perché tutto quello era divertente.
    Si rilassò quando vide la mano di Bowie afferrare il metallo del carrello anziché la sua testa e come se nulla fosse, ripresero a camminare –Ti mancherei troppo- borbottò in risposta, incrociando in quell’istante lo stesso sguardo della vecchietta di prima.
    Ma che cazzo stava guardando?

    La prima volta che aveva visto Marceline, indietreggiò di due passi. Il piccolo sorriso sdentato e gli occhi che apparivano troppo grossi per un viso ancora troppo piccolo, sembravano lo stessero seguendo al loro primo incontro. Non era convinto di volersi avvicinare, Rhysand sembrava più fuori posto dentro all’ufficio di Bowie di quanto lo fosse normalmente ovunque andasse, si muoveva dietro a tutta quella mandria di persone felici e rincoglionite che guardavano la bambina manco fosse la Gioconda. Ricordava persino che nel mentre, anziché avvicinarsi se ne restò ancorato contro il muro, girandosi una sigaretta ignorando in qualsiasi modo lo sguardo della bambina.
    Non era uscito un “aww” dalle sue labbra né tanto meno un “quanto è carina” come tutti gli altri ch’erano là dentro, a distanza di sicurezza aveva ricercando lo sguardo di Malcolm stampandosi sul volto lo stesso ghigno del cazzo che gli procurava nient’altro che guai “sicuro che sia tua figlia? È umana a differenza tua”.
    Poi qualcosa accadde, di totalmente strado e inaspettato.
    La Gioconda sembrava non essere più circondata da sguardi estranei, permettendo a Rhys di avvicinarsi appena e in quel momento, sembravano l’animale selvatico a digiuno e l’umano che allungava i croccantini per nutrirlo. Si era avvicinato piano, sotto lo sguardo di lei, inclinando appena il capo osservandola meglio, non guardando come la sua piccola manina si era allungata verso la sigaretta che stringeva tra l’indice e il medio della mano destra.
    Inutile dire che una quantità di imprecazioni borbottate vennero proferite dal biondo, facendo scattare lo sguardo verso Bowie soltanto per accettarsi che non lo stesse guardando in quel momento, mentre tentava di aprire le piccole dita così che lei mollasse la preda dalla sigaretta ormai stritolata.
    -Che cazzo di presa c’hai- aveva detto, ricevendo nient’altro che un suono simile ad una risata uscire dalla sua bocca –Shh- aveva tentato nuovamente, senza ottenere nulla in cambio. Furono i due minuti più lunghi della sua vita e di certo non ottenne la sua pausa sigaretta dal momento che Marceline gliela distrusse in pochissimi istanti.

    -Sei così schifosamente sdolcin…- non terminò la frase, perché non gli serviva guardarlo in faccia per scoprire che i suoi lineamenti si fossero addolciti in zero secondi, che la sua voce fosse cambiata rispetto a come si erano parlati fino a quel momento. No, sapeva benissimo che in quel momento la faccia di Malcolm urlava a squarcia gola “sono felice di essere un padre” e Rhysand ovviamente non voleva vedere tutto quello, preferiva guardare i dolci o farsi i cazzi della signora sporgendosi verso l’altro scaffale per capire cosa diavolo stesse comprando che guardare in faccia Malcolm. Peccato che facendo ciò gli fecero abbassare la guardia, non vedendolo strattonare il carello.
    Un verso indescrivibile uscì dalle sue labbra mentre il suo corpo avanzava brutalmente in avanti, le dita che strinsero la presa del carrello perché altrimenti avrebbe perso la presa, sollevando lo sguardo non appena riottenne il controllo dell’aggeggio in metallo, piantando le vitree iridi in quelle oltremarine.
    Avrebbe potuto dargli del cazzone, spingere il carello contro i suoi piedi e magari finire di spaccare l’intero negozio perché sapeva che avrebbero iniziato a darsele invece Rhysand, del tutto inaspettatamente, allungo la mancina tatuata verso la liquirizia, afferrandola in segno di pace.

    Aprì l’involucro di plastica con i denti, spingendo con la mano destra il carello senza distogliere lo sguardo da Malcolm mentre addentava il primo pezzo di liquirizia.
    -Va bene- rispose ancor prima di realizzare.
    Dopotutto, la piccola Mike Tyson le piaceva.
     
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