Bela Lugosi's Alive

O. M.

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    (continua da qui)

    - Da come lo descrivi, dev'essere stato un uomo molto affascinante.-
    - Il senso dell'umorismo devi averlo preso da lui, allora. -


    Oh, Wolfgang era fin troppo affascinante e, tale fascino, non poteva scalfirlo nemmeno il suo senso dell'umorismo. Anzi. La madre di Jericho gli aveva raccontato di un centinaio di scenate alle quali aveva assistito neanche fosse un vecchio film. Nessuno avrebbe mai saputo se Stramonium mettesse o meno le corna a Lucille (e viceversa) ma capitava che lui rientrasse a tarda sera, dignitosamente brillo, e lei lo annusasse. Quando le fibre del completo sprigionavano fragranze smaccatamente femminili, Lucille perdeva le staffe e strattonava i capelli altresì incastonati nella gelatina di Stamonium. Lo sbatacchiava nella sua vestaglia da vera diva, gli percuoteva le ampie spalle e gli tirava oggetti non troppo pesanti ma che lasciassero memorabili segni. Eponea non era mai riuscita a prendere sul serio quei teatrini perché, in fondo, non lo facevano nemmeno gli stessi genitori. Anche quello era il loro palco. Il fatto che Lupe avesse apertamente espresso l'inesaudibile desiderio di conoscere il vecchio Wolf fece molto piacere al freak. Lo indusse a pensare che anche la cara Lucy sarebbe piaciuta a Lupita e, beh, lei poteva presentargliela. Non si sbilanciò a tal punto e non solo per vergogna. Più che altro perché, qualcosa di squittente e oscuro, gli suggeriva di evitare l'approfondimento del discorso sulle rispettive famiglie. No, non era Duh a consigliarglielo, lei dormiva beata in dormitorio.

    Quindi, ricapitolando, sì: Stramonium "Wolfgang" Walker era uno sciupafemmine certificato, abile musicista e commediante fallito. Avvolto in pellicole da museo, lasciava la propria eredità a... Jericho Lazarus Rosenbaum. Ugualmente Casanova e ugualmente brillante. Certo. Due particolari della sua ammaliante personalità sui quali il giovane weirdo non si risparmiò di porre l'accento. Ovviamente scherzava, prendeva in giro se stesso e l'opinione sgualcita che aveva di sé e gli riusciva tanto sfacciatamente perché la febbre gli stava bruciando ogni freno inibitore. Oltre al danno del malessere, la beffa di esporsi al pubblico ludibrio e post-pera di Veritaserum nelle palle degli occhi(?).

    Era un guaio. Erano cazzi pesi, come avrebbe finemente esclamato Felix. La fitta nebbia dell'influenza lo confondeva affinché desse fiato a quella boccaccia e poi, per pochi ma ezzenziali attimi, si diradava affinché Richo prendesse coscienza dei suoi sproloqui. Infatti, si rese subito conto d'essersi spinto oltre quella linea immaginaria che non aveva mai sorpassato in presenza di Olivia. Niente di simile a una corsa campestre, l'aveva giusto calpestata ma tanto bastò a irrigidire entrambi i diciassettenni. Pochi ma leeeeenti secondi intercorsero tra la considerazione dell'uno e la risposta dell'altra. Nel mezzo, imbarazzo. Profondo imbarazzo, panico, la palpitante bramosia di evadere neanche fossero ad Azkaban. Il bisogno impellente di chiamare un avvocato e affidargli il caso: "la prego, convinca quella giuria piena di trecce che io sono innocente! Mi salvi dall'umiliazione dell'adolescenza, dei sudori freddi e degli alzabandiera costanti!"

    Lazzaro doveva stendersi e smettere di camminare. Doveva riposare, aveva tirato la corda ma non stava delirando. Beh, ecco, un po' sì ma non in merito a quella sottospecie di complimento che aveva rivolto alla compagna, no. Quasi quasi, a ripensarci, non gli dispiaceva di averle confessato quanto avrebbe gradito annusarla. Più che altro, ormai gli era impossibile non captare le note aspre e fruttate che la violoncellista si portava appresso. Se prima non ci faceva caso, adesso era difficile che altre fragranze avessero la meglio. Mentre ci rifletteva, la ringraziava tramite uno sguardo alla Coca Cola. Troppo intontito per imbastire freddure sulla differenza di stature, era più preoccupato dalla possibilità di schiacciarla sotto il suo dolce peso. Sperava di riuscire a barcollare sino all'Infermeria senza crollare come un sacco di patate e trasformare la Moriarty in purè. Avanzavano lungo i corridoi neanche dovessero fendere una tempesta di sabbia e la questione si faceva preoccupante perché Chorizo aveva smesso di straparlare. Respirava a fauci schiuse, le labbra secche e pallide, appellandosi strenuamente alle proprie capacità di concentrarsi sul percorso. Ogni tanto si fermavano e, durante una di quelle pause, il Tasso ruotò la testa argentea affinché il naso da volpe si avvicinasse alla scriminatura tra i capelli corvini della Serpe. Quel pochissimo che riusciva a percepire lo inspirò con ostentata nonchalance e fu felice di riuscire in un quarto di quella impresa. L'accenno di mirtillo che gli giunse al cervello, si rivelò di estremo conforto. Aveva preso il fiuto dal nonno, quindi? - Comunque non deliravo, prima. - ammise di punto in bianco, mentre attendevano la dottoressa Greengrass-Lestrange. - Mi piace proprio un sacco. -

    ***


    Ciò che avvenne dopo si diffuse nel cervello del Metamorfomagus alla stregua di un mutevole sbuffo di vapore. Aveva avuto un confronto con la Guaritrice, lei si era premurata di ficcarlo in un letto e di rifilargli la Pozione Pepata: sebbene non accadesse sempre, l'assunzione della medicina prevedette la fuoriuscita di fumo dalle orecchie di Jericho. Sarebbe stato saggio trascorrere la notte lì ma si sarebbe sentito molto meglio nel giro di poco. Alla richiesta da parte della donna, il ragazzo la pregò di non avvisare sua sorella Zoe perché preferiva che non si preoccupasse. Tutto l'ambaradan contenuto rimase intrappolato fra due parentesi fumose il cui risultato fu una sorta di sonno. Il giallo-nero non era capace di valutare se avesse davvero dormito o meno ma, recuperato un pizzico di lucidità, si accorse che Olivia Moriarty non se n'era andata.

    - Sei ancora qui? - gracchiò pastoso il moribondo, issandosi con un gomito nella pila di cuscini. Suonò come una domanda ma non era certo sintomi di scocciatura. Temeva quasi si trattasse di un miraggio o simili. Sebbene i contorni della sagomina fossero opacizzati, riusciva a guardarla a ritmo della tachicardia di plurima origine; non se lo aspettava e ciò gli sciolse gli organi in una sbobba che sobolliva all'altezza dello stomaco. Allora, preferì non aggiungere altro e indietreggiare sino al bordo dello scomodo letto a una piazza. Si trattava palesemente di un invito ad affiancarlo perché tanto, se avesse proprio dovuto contagiarla, ciò sarebbe successo da un pezzo. A parte quello, cominciava a sentirsi meno disastrato.

    Se Scrooge avesse accettato una proposta tanto sfrontata, Argento Vivo (semi-vivo) si sarebbe permesso di poggiarle una mano sull'anca, assolutamente indifferente a eventuali lamentele da parte dell'infermiera. Tanto, comunque, non era lì presente. - Quando me la racconti qualcosa di te? - avrebbe sussurrato, pennellandola attraverso il passaggio delle iridi. Sarebbe apparsa solo una fossetta a guardia della mandibola affilata. Il pomo d'Adamo si sarebbe esibito in un sobbalzo e qualcosa... qualcuno lo avrebbe morso.

    Edited by Benjamin Fox-McClan - 17/3/2023, 17:03
     
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    Il tragitto, che li stava lentamente conducendo nella bocca dell'infermeria, sembrava la perfetta rappresentazione dell'era mesozoica nella pellicola babbana "Fantasia": i due studenti erano i dinosauri che, faticosamente, migravano cercando di sopravvivere ai vari cataclismi portatori di estinzione. Non c'erano meteore, né bufere di neve, né colate di lava ad accompagnarli in quel tortuoso cammino, ma data l'incapacità di Rosenbaum di deambulare con solerzia, si dovevano fermare ogni due secondi, cosa che gradualmente cominciava ad infastidire buffamente la Moriarty, abituata a marciare sul mondo con la rapidità di una newyorkese (che non era) sulle strisce pedonali. Ad ogni pausa ruotava il volto in direzione di quello emaciato del compagno di classe, riserbandogli un'espressione torva ma che, in verità, tradiva una certa preoccupazione: più passavano i minuti e più il giovane weirdo sembrava perdere quel briciolo di forza che gli era rimasto, lo testimoniavano le sue labbra screpolate e il suo respiro affannoso, su cui Olivia aveva deciso di non concentrarsi. Tuttavia, quando pareva che Jericho fosse stato completamente prosciugato dall'influenza, eccolo che racimolò un po' di vita da un'azione per niente sgamabile: le stava annusando i capelli come un cane da tartufo (altro che pastore tedesco), probabilmente nella speranza di percepire la nota fruttata del mirtillo, e Lupita reagì come una persona matura, adulta e con il perfetto controllo del proprio corpo, ovvero stringendosi nelle piccole spalle, fissare la punta dei mocassini ad orbite sgranate ed iperventilare vagamente, rilasciando anidride carbonica in soffi secchi dalle narici. Il tutto cercando di non farsi sgamare e, quindi, finendo con il girarsi dall'altra parte, di fatto offrendogli maggiormente la chioma profumata.

    -Te ne compro un flacone, così la smetti.- borbottò da brava Scrooge - ma non così brava, visto che era disposta a sborsare dei quattrini per fermare quell'ondata di improvviso imbarazzo scaturito da quel complimento. Non riusciva a capire perché, in presenza di Rosenbaum, le costasse così tanta fatica mantenere la sua famigerata aura da bambola assassina priva di sentimenti. Le succedeva anche con Darlene, a dire il vero, ma in maniera... diversa. E, siccome non ne era abituata e non sapeva bene come muoversi, l'unica soluzione plausibile era trattarlo male e sperare che quella sensazione di rimestamento viscerale la piantasse. Qualcosa le diceva che continuare a trattenersi avrebbe solamente peggiorato la situazione, ma lei oltre ad essere una taccagna era anche piuttosto testarda. Come un mulo, a dirla tutta, quindi avrebbe continuato con quell'improbabile modus operandi, finché non ci avrebbe sbattuto la testa.

    L'infermiera Greengrass-Lestrange, poi, aveva prontamente soccorso il malandato Tassorosso e, dopo averlo curato e messo a nanna, lo aveva lasciato in compagnia di Evvivia, ormai considerabile un'habitué di quel luogo che puzzava di disinfettante. La studentessa le aveva rivolto un sorriso appena accennato - per certi versi persino complice, data la natura del loro rapporto a scadenza mensile - e, subito dopo, aveva cavato dalla solita tracolla borchiata un pesante libro sulla storia dei vampiri: aveva intenzione di farsi una cultura da sola, visto che Chester Mott era stato del tutto inutile ai fini di insegnamento.

    - Sei ancora qui? -



    Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando aveva varcato la soglia di ingresso trascinandosi dietro lo stramboide, ma esso era stato ritmicamente scandito dal fruscio della carta ingiallita, dai lievi mugugni da parte del ragazzo e dal suono rilassante delle note a piè pagina che Olivia aveva lasciato come appunto su diverse facciate. Per il resto, il silenzio aveva rivestito ogni anfratto dell'infermeria morbidamente, quasi avesse voluto rimboccare a sua volta le coperte di quel povero disgraziato giallo-nero. A proposito di quest'ultimo, evidentemente il suo sonno di bellezza era finito perché, sveglio ma non del tutto guarito, sembrò sorpreso di trovare la Moriarty al suo capezzale. Ella lo osservò prendere coscienza di quella novità imprevista, soffermandosi sull'impronta delle grinze della federa che ora gli decorava i lineamenti maschili.

    -Senza di me, allo stato attuale, saresti stato spacciato.- comunicò con tono pragmatico ma ironico, tornando con le pupille sulle righe del paragrafo che aveva lasciato a metà. Posizionò il suo segnalibro (quello sopra cui campeggiavano due simpatici scheletri messicani vestiti a festa e intenti a muovere dei passi di danza effettivamente semoventi) nella piega della rilegatura e, annuendo impercettibilmente, chiuse il libro e lo abbandonò sul comodino nei pressi del letto occupato dal figlio di Tosca che... nel frattempo, si era spostato appena, per farle spazio. La voleva lì, la voleva vicina. Olivia sbatté le ciglia scure, deglutendo a mascelle serrate. Questo, prima che il figurino mignon si alzasse dalla sedia e venisse attirato come una calamita al materasso. Si rese conto di essere entrata in apnea nel momento in cui adagiò lo zigomo sul guanciale, ritrovandosi occhi neri negli occhi neri con Lazarus. Allora schiuse la bocca e riprese a respirare, poggiando il volto sugli avambracci, le mani piccine nei pressi di un ricciolo argentato palesemente non suo. Quando lui adagiò la propria mano sul suo fianco, Lupe ringraziò mentalmente Merlino per aver scelto di posizionarsi in maniera tale da tenere lontana l'orrenda cicatrice dal tocco del ragazzo. In ogni caso, quel contatto le provocò un minuscolo scatto involontario dell'intero corpicino foderato dalla divisa di Hogwarts e i bulbi oculari schizzarono immediatamente sulle falangi incriminate. Quel giorno, Jericho Lazarus Rosenbaum aveva deciso di mettere alla prova la pazienza di Olivia Lupe Moriarty.

    -Mai. Meno informazioni fornisci, meno possibilità hanno i tuoi nemici di colpirti.- sibilò, assottigliando le iridi abissali, prima di stringersi maggiormente nelle spalle. Le pupille, tuttavia, sembravano particolarmente attratte dall'andirivieni dell'onda lungo la giugulare di lui, cosa che la spronò a non essere acida come uno yogurt. Si schiarì appena la voce, prima di tornare a guardarlo di sottecchi negli occhi: -Ho due cani, due borzoi, si chiamano Cyrano e Pinocchio. Posso rimanere interi minuti senza sbattere le palpebre e il cibo piccante, anche quello che proviene direttamente dalla bocca dell'inferno, lo trovo delizioso. Darla è la mia unica amica perché non sono simpatica e odio tutti, tranne lei.- sciorinò come se stesse affrontando un colloquio di lavoro -Questo genere di cose?- domandò, non molto convinta. Era decisamente un disastro con l'interscambio e la comunicazione, molto più di Rosenbaum che credeva fermamente di essere uno sfigato, quando invece il maledetto se la cavava benissimo.

    -Scusa, non sono molto brava a fare conversazione. Spesso basta un'occhiata di traverso per tenere lontane le persone, ma tu...- sollevò il mento per inquadrare il neo sul naso da volpe di lui -...tu sei come una zanzara. L'unico modo per tenerti alla larga è spiaccicarti.- mormorò, gli angoli della bocca che gradualmente si sollevavano verso l'alto, in un sorriso appena accennato -Mosquito.- soddisfatta del nuovo, fiammante appellativo con cui avrebbe chiamato d'ora in avanti il giovane weirdo, la strega abbassò la testa corvina quel tanto che le bastò per avvicinarsi pericolosamente all'incavo del suo collo. Non gli stava incollata, ma sarebbe bastato davvero poco per azzannarlo alla gola: -Tocca a te.-
     
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    Quando cuoci sul fornello dell'influenza, hai l'impressione che il tempo sia un elastico. Ti sfotte, si dilata creandoti attorno un recinto più o meno areato e poi torna a stringerti in uno schiocco doloroso.

    Jericho non avrebbe mai saputo dire quanto fosse passato dall'ultima raccomandazione della Greengrass-Lestrange alla riscoperta presenza di Olivia. I sintomi rallentavano l'agonia ma l'incapacità di trovare un posto fisso al proprio scheletro centellinava il sonno. Si era addormentato così pesantemente da non essersene nemmeno accorto? Aveva tentato strenuamente di racimolare qualche minuto nel mondo dei sogni senza riuscire nell'impresa? Per lui era impossibile da decretare. Ricordava sprazzi deformi e allucinogeni che zigzagavano tra le ciglia così come gli sbalzi di temperatura. La coesistenza del caldo cocente dovuto al febbrone con quello che sembrava un freddo antico e radicato in ogni poro di ogni cazzo di osso. La magia era capace di circoscrivere l'iter del malessere e riassorbirlo più velocemente tanto che, non appena le componenti di quella parentesi si attenuarono, Jericho dovette rivelarsi in grado di assopirsi almeno un po'. Forse. Continuava a non capirlo. D'altronde, senza l'aiuto della Moriarty sarebbe stato spacciato, giusto? Parole sue. Di contro, Rosenbaum rispose con uno schiocco della lingua di chi concorda, carico di un ingombrante bagaglio esperienziale. Già, è una giungla là fuori.

    Aveva agito di pancia, come capitava abbastanza spesso. Da qualche parte, fra le turbolenze dell'adolescenza, doveva ben sapere di aver rischiato grosso nel proporre a Lupe di raggiungerlo nel letto perché, aldilà del fatto che la strega indossasse costantemente una Vergine di Norimberga al rovescio, continuava a confonderlo con le sue uscite taglienti. Insomma, malgrado ciò, lui si era buttato in una missione kamikaze con lucidità, sebbene solo lontanissimi indizi gli suggerissero una chance. Ecco, se si era lanciato nel vuoto con quell'invito così esplicito, doveva sentirlo come opportuno. Giusto. Infatti, contro ogni conscia aspettativa, la sua coetanea accettò in silenzio e lo raggiunse. Non appena la prima molla cigolò sotto il suo peso irrisorio, lo stesso cuore che aveva tradito il freak alla Guferia, gli schizzò in gola con prepotenza. Non era dato carpire se fosse accaduto davvero o su un piano metaforico. Le narici, nettamente più libere di quando era stato trascinato in infermeria, percepirono il profumo boschivo di Lupita con una violenza inaudita. Come se non l'avesse mai sperimentata prima.

    Alzare la posta in gioco, a quel punto, diventava davvero un insulto all'esistenza sul pianeta Terra. Che c'è, te puzza la vita? Secondo te, in che modo sarebbe una buona idea toccarla, a questo punto? Togli quelle zampacce, leva! in tutta onestà, lo slancio che aveva guidato la mano del Tasso sull'anca della Serpe era un vero monumento all'idiozia. La condanna precedentemente scampata gli sarebbe piovuta tra capo e collo in un attimo, invece, Evvivia si limitò a sobbalzare e lui... di conseguenza. Neanche si fossero trovati delle pulci nel letto, entrambi si esibirono in un goffo saltino. La violoncellista provò a scarnificare le dita dello stramboide con il solo ausilio dello sguardo ma, lo stramboide, non arretrò. La mano incriminata si chiuse a pugno ma rimase dov'era e le nocche premettero sulla gonna della divisa. Nella stoffa rigida che ne componeva le pieghe.

    - Sei... nello stesso letto del tuo nemico, allora. Non lo capisco il tuo gioco, güey. - valutò Richo con espressione arricciata nella scherzosa perplessità. Una narice gli scalava il viso smunto, rossa e spellata. C'era del sottinteso orgoglio per aver usato a proposito un termine in slang messicano. In ogni caso, non avrebbe aggiunto altre provocazioni perché sperava che la ragazza si sarebbe sbottonata lo stesso. Non in senso letterale, quella era un'utopia, no. Era curioso di scoprire qualche curiosità in più su quel funghetto selvatico e venefico che gli stava accanto. Aveva bisogno di concentrarsi su informazioni anche frivole e non sul tepore che il piccolo corpo emanava, così vicino al proprio. Ebbene, venne accontentato.

    Immaginò Cyrano e Pinocchio con i loro musi lunghi da cani-spettro. Non si stupì affatto rispetto al trick da record delle palpebre, anzi, gli era sembrato di aver visto la Serpeverde attuarlo varie volte, in passato. Il dettaglio relativo al cibo piccante, ravvivò un sorriso già precedentemente palesatosi: lui, al contrario, era una pippa. A malapena reggeva lo zenzero. L'elenco scolpito nel marmo dalla personificazione dell'allegria, giunse a un punto nevralgico di cui il giovane weirdo percepì il rimbalzo nel torace. Nel mucchietto di rivelazioni, quell'ultima svettava per importanza. Olivia definiva Darla come unica amica. Non si reputava simpatica e asseriva di odiare tutti - Jericho compreso, a quanto pareva. Quest'ultimo deglutì lentamente, la protrustione adamitica solleticò le pupille della diciassettenne senza che fosse un'azione ponderata. - Questo genere di cose, sì. -

    In simultanea, la compagna di classe sollevò il capino bruno e lo stramboide abbassò il cranio argenteo. Si incontrarono a metà strada, dove una sottile lama di sole pallido creava un "divisorio" tra le punte dei loro nasi. Fiero collezionista di soprannomi, accolse quello nuovo con un ghigno compiaciuto a scavare nelle sue guance. Alla lista, se n'era aggiunto un altro di matrice ispanica che, doveva concederlo, gli si addiceva oltremodo. Poi, la metà del sorriso di Lazo arretrò, accolta dalla pressione dei denti. Il sorriso si spense di paripasso all'impellente desiderio di premere la bocca su quella di Scrooge. Non accadde. Lei tornò a chinare la testa sino a cospargere di puntolini la pelle del collo di lui e lui poggiò piano il mento fra i crini neri. - Perché non mi hai ancora spiaccicato? - domandò genuinamente interessato a conoscere la verità. Aveva timore di ascoltare la risposta tanto che, nel silenzio preponderante della stanza, fu come sentire l'eco dello stesso quesito propagarsi a mo' di scherno. Un fievole sottofondo di musica classica periva schiacciato dai suoni assordanti che quei due emettevano nel condividere il materasso singolo. Era buffo come lo spazio fosse poco ma entrambi cercassero di mantenere delle distanze di sicurezza. La rigidità delle loro pose li tradiva.

    - A me non sei antipatica ma, se vuoi, smetto di ronzarti nell'orecchio. - asserì, le iridi blurrate nel fissare il separé oltre la ragazza senza nessunissimo scopo. Un sospiro. - Sono anemico, so leccarmi il gomito e... durante tutta la gravidanza di mia madre, ho portato il nome di Eva. Alla nascita, c'è stato il plot twist biologico; tanto avrei potuto scegliere più avanti. - avrebbe fatto a meno di parlare di sé, in quel contesto. Per quanto fosse potenzialmente logorroico, sapeva rivelarsi un discreto ascoltatore. Gli piaceva farlo ma si sarebbe accontentato, per il momento.

    - Dai. - esortò d'improvviso, scendendo al livello degli occhi di Lupe. Rannicchiato, ne cercò il brillio perforante e sgranò i propri. - Vediamo chi li sbatte prima, stracciami. - si stava scavando la fossa da solo e, sul bordo di essa, suo padre applaudiva impressionato, dall'alto. A malincuore, scivolò via dal fianco di Olivia.

    Paradossalmente, quando mi davi le spalle lì, in cima alla torre, era tutto più facile.

    Edited by Jericho L. Rosenbaum - 18/3/2023, 14:07
     
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    Non c'era nessun gioco, era proprio quello il problema: Olivia non aveva idea di cosa le fosse scattato nella testa e nel corpo, con la cordiale partecipazione di quel Tassorosso da strapazzo, dunque si comportava in maniera ambigua, confusa e stupida senza riuscire a controllarsi del tutto. Riusciva a porsi un freno solo nel momento in cui gli si avvicinava troppo e, allora, si ritraeva immantinente, come la lingua che tocca un cucchiaio colmo di zuppa bollente. Razionalmente sapeva che un atteggiamento del genere fosse controproducente, che non portasse da nessuna parte e che alla lunga avrebbe stufato o infastidito, ma per l'appunto, non era facile per lei mantenersi completamente lucida e, la consapevolezza di ciò, la terrorizzava ancora di più. Dunque, a quel commento da parte di Lazo, Lupita si pinzò l'interno della guancia, occhieggiandolo con insistenza quasi avesse voluto strappargli la soluzione e la verità dalla testa, passando direttamente (e grottescamente) dagli occhi. Subito dopo, aveva elargito quella lista di curiosità sulla sua adorabile personcina, senza tuttavia aspettarsi quel genere di reazione da parte di Rosenbaum: sembrava... perplesso? Assorto? In qualche modo dispiaciuto? Forse, l'aver sottolineato il fatto di odiare tutti tranne Darlene lo aveva stranito. E, sebbene per lei fosse chiaro il fatto che non fosse altro che una tiepida beffa, si rendeva perfettamente conto di poter essere travisata. La domanda che fece capolino tra le pieghe del suo intelletto, tuttavia, era una sola: perché a Jericho interessava rientrare nella rosa - dai pochissimi petali - degli affetti di Olivia?

    Il quesito prese posto nella scatola cranica dell'adolescente nell'esatto istante in cui il silenzio calò tra i loro nasi. Argento Vivo la guardava con una nota indefinibile a lucidargli le iridi peciose, il sorriso scomparso e qualcosa da nascondere. Il cuore di Scrooge pulsò rapido contro lo sterno, mentre istintivamente lasciava tremolare le palpebre sulle orbite e schiudeva la bocca violacea. Un fulgido attimo in cui immaginò di accantonare riluttanza, paranoia e self-control in favore di ciò che intimamente sperava che accadesse. Ma poi si era ritratta, un'altra volta, e aveva impedito ad entrambi di compiere un errore madornale.

    Perché non l'aveva ancora spiaccicato? Già, perché? La Serpeverde strinse i denti intorno alla carne che stava già mordicchiando e smise solo nel momento in cui sentì il sapore ferroso del sangue sul palato. Non aveva una risposta che potesse risultare cristallina, perché non lo sapeva neanche lei con certezza. Sapeva, tuttavia, di essere lei pericolosamente vicina all'essere schiacciata dal carico di emozioni impreviste e mai sperimentate prima. Percepiva l'osso del mento di Jericho premuto contro i capelli corvini, si chiese come il ragazzo avrebbe reagito se solo lei avesse deciso di affondare il volto nell'incavo del suo collo. Le piaceva, perché era slanciato e dava l'impressione di essere... solido. Le piacevano i tendini che facevano capolino quando Jericho piegava il collo e il modo in cui essi sostenevano il suo cranio in perenne mutazione. Lo aveva notato dal momento in cui si erano scambiati i vestiti, per sfuggire alle angherie da parte della Bestia Greca.

    -Perché cerco di essere vegetariana e di avere a cuore tutte le bestie.- rispose, il timbro vocale ridotto ad un sussurro. "Perché vorrei sapere cosa si prova ad essere punta." Lui le rivelò di non trovarla antipatica e, di conseguenza alle informazioni elargite dalla figlia di Salazar, confessò a sua volta alcuni dettagli randomici della sua personalità: Lupe si concentrò sul pallore anemico della pelle di Jericho, sul pomo d'Adamo che rimbalzava ad ogni parola pronunciata: -Sei stato furbo a scegliere di essere un ragazzo.- commentò vagamente sarcastica, non perché denigrasse il genere maschile ma, piuttosto, perché la strada da percorrere per un uomo era sicuramente meno dissestata di quella di una donna. Più diritti, meno problemi. Eppure sembrava che allo stramboide piacesse annaspare e complicarsi la vita, altrimenti perché passare del tempo con un'allegrona come Evvivia?

    - Dai. Vediamo chi li sbatte prima, stracciami. -



    Olivia avvertì la pressione delicata della mano di Lazarus scivolare via dalle pieghe della sua gonna e, all'improvviso, la piccola mancina scattò per bloccargli il polso. Non se ne rese conto subito, perché spinta dall'istinto. Quando se ne accorse, lo stava già fissando negli occhi, lo stava già sfidando. Il gioco, quello cosciente, quello proposto dal Tassorosso stesso, era già cominciato. Messico e Nuvole sgranò impercettibilmente le sclere, conficcando con insistenza le pupille dilatate in quelle corrispondenti di Jericho. Le mascelle pulsarono su un'espressione che ormai Rosenbaum avrebbe trovato familiare, con la sola differenza che, in quel momento specifico, il labbro inferiore era sparito sotto la morsa dei denti perlacei. Il respiro di lei fluiva dalle narici profondamente, mentre la presa delle falangi intorno al polso di lui veniva allentata, non per estinguersi del tutto, ma per spostarsi lentamente lungo il suo avambraccio, fino al gomito che, a quanto pareva, lui sapeva raggiungere con la propria lingua.

    -Sei mio a-nemico. 'A' sta per acerrimo.- proferì a mò di battuta, dopo il primo minuto passato, malgrado il tono utilizzato sembrasse quello di una serpe in seno. Non stava sbattendo le ciglia, no. Imperversava con il trapanare le gemelle con le proprie iridi e avrebbe continuato fino a quando non lo avrebbe visto sconfitto. O, almeno, questo sarebbe stato il suo brillante piano bellico, se il nasino all'insù non avesse cominciato a pruderle: gli strascichi del raffreddore si presentavano sempre nel momento meno opportuno e, quello, era uno di essi. Arricciò la punta dell'appendice nasale più volte, contraendo l'arcata sopraccigliare ed assumendo smorfie che volevano essere minacciose ma che risultavano solo contrite e sofferenti. Stava opponendo strenua resistenza ma cominciavano a lacrimarle gli occhi.

    -Non osare smettere.- intimò, stringendo le falangi intorno al tessuto della sua camicia, mentre piegava leggermente le ginocchia e sollevava il mento per impedire allo starnuto di esplodere in tutta la sua batterica potenza. "Non osare smettere e fermare il gioco. Non osare... smettere di ronzarmi nell'orecchio." Una ciocca corvina scivolò nello spazio che separava le narici dall'arco di Cupido, peggiorando la situazione. Qualunque azione avesse compiuto Jericho in quella circostanza - che fosse per aiutarla o per sabotarla - alla fine lei avrebbe ceduto e, stringendosi nelle piccole spalle, avrebbe dovuto abbassare la testa e, irrimediabilmente, chiudere gli occhi.
     
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    Scegliere.
    Un verbo stupendo, ampio, al gusto di libertà. Eppure, Jericho reputò di essersi espresso male nel momento in cui Olivia lo ritenne in qualche modo "furbo" per aver scelto. Insomma, i suoi genitori lo avrebbero senz'altro accompagnato qualunque si fosse rivelata la sua scelta in qualità di individuo nel mondo, ovvio, ma certe cose non si scelgono. Non era questione di moralismi o ripassoni approfonditi sul concetto di genere, no: Rosenbaum era nato maschio e, nel più vasto spettro della mascolinità , aveva trovato una sorta di conferma. Possedeva ben poche certezze e, come già sottolineato migliaia e migliaia di volte, la Metamorfomagia non lo aiutava granché in tal senso. Semplicemente, pur godendo di una chance preclusa alla stramaggioranza del Mondo Magico, restava obbligatoriamente fedele alla sua versione-base. Era curioso, pronto a sperimentare moltissime cose ma poggiava su una convinzione XY, aldilà delle odiose agevolazioni garantite al "sesso forte". A prescindere dai problemi d'entità minore nei quali un uomo incappava ma che uno come Lazo sceglieva di trarre a se per ficcarcisi dentro con tutte le converse. Comunque, tutta quella tiritera non fu altro che una muta considerazione rivolta a se stesso. Non possedeva l'interesse né la giusta concentrazione per mettersi a disquisire di un simile macro-argomento con la Moriarty.

    In realtà, credeva calcassero la stessa linea di pensiero in merito e tanto bastava a chiudere la parentesi in quel momento specifico. In ballo c'era dell'altro, sì. Una competizione? Una gara? Una sfida al singolar tenzone: l'arma di cui disponevano i ragazzi era doppia, affamata, profonda e accerchiata da molteplici aghi aghi. Sì, una metafora arzigogolata per non dire sempre occhi, d'accordo? D'altronde, suonava meno crudele schiacciare una zanzara dandole pari opportunità. Forse, leniva l'animo sarcastico da vegetariana impegnata di cui Evvivia faceva lugubre sfoggio: pari opportunità. Un tentativo ciascuno che sia definitivo. Letale, come lo scatto compiuto da Lupita nell'impedire a Mosquito di volare altrove. Lo stramboide stava percorrendo a ritroso la via che avrebbe condotto la propria mano al proprio corpo, tuttavia, la violoncellista non era del suo stesso avviso. Nessuna protesta preventiva o avvertimento che evitasse un infarto al coetaneo: gli ghermì il polso in una morsa sottile ma ineluttabile e ce lo chiuse. Non era necessaria mezza parola per comprendere che Lazzaro fosse sprovvisto del permesso di allontanarsi e, pur sul ciglio di una sincope, lui non seppe quale santo ringraziare. Gli atteggiamenti incoerenti e repentini di Olivia gli facevano venire quella nausea mista all'adrenalina che provi sulle montagne russe. Quella ragazza era assurda, non meno freak del suo interlocutore e, il tira e molla cui lo sottoponeva, era straziante. Elettrizzante, a sua maniera.

    La prima reazione di Richo all'iniziativa di Scrooge fu un cambio di prospettiva, supportato dalla tensione del collo. Inevitabilmente, le pupille schizzarono lungo il fianco appena accennato della strega e lì, proprio lì, divennero voragini e non sarebbe riuscito a evitare di raggruppare le pieghe della gonna nel pugno. Presto, tornò a propinare la sfacciata grandezza degli oblò nelle sue iridi in quelli altrettanto spalancati della Serpeverde. Chiedere la stasi ai bulbi oculari del Tassorosso, sarebbe stato come chiedere a Felix di sostituire dell'erba con un mazzo di cicoria. Sismografo parkinsoniano, lo sguardo del diciassettenne restava aperto ma inquieto. Si era addirittura fatto avanti con il corpo, strisciando contro il materasso senza nemmeno accorgersene. Le ginocchia minacciavano di intersecarsi fra quelle più piccole e puntute della compagna di classe. Certi aspetti di sé, Lazarus, non riusciva più a controllarli. Il respiro gli montava nel petto come schiuma nella vasca da bagno e dovette mostrarsi riconoscente all'improvviso exploit umoristico da parte dell'altra perché, la battuta sull'anemia, lo distrasse appena un po'. Ritrasse le labbra in un sorriso lineare che, disperato, pativa la vicinanza a Lupe e la coreografia della sua bocca. Quella bocca non poteva essere umana. Risucchiava l'energia delle guance e la sfoggiava con una cattiveria violacea e disarmante.

    - Mi stai sabotando? Mica vale. - commentò il Tasso, attraverso una feritoia tra arcate dentali. Forse sbagliava strategia. Forse doveva ammorbidire la faccia e provocare apertamente l'espressione granitica dell'avversaria. Tanto, risultavano buffi entrambi. Si scambiavano lo spasmodico desiderio di "farsi esplodere" a vicenda con il solo ausilio della vista e ciò mascherava un casino d'altra roba. Ossimoro dopo ossimoro, Jericho scrutava Olivia e si sentiva peggio di quando la febbre gli friggeva la calotta cranica. Peggio e meglio al tempo stesso. Il giovane weirdo avrebbe mandato tutto in malora se il volto squadrato della violoncellista non si fosse messo a tentare una trasfigurazione. Olivia Moriarty era sul orlo di un precipizio chiamato starnuto e questo investì Jericho Rosenabuam con un'ondata di soddisfazione. Non osare smettere, lo minacciò lei mentre a lui si svitava la mascella. Lei gli spiegazzava la camicia e lui la fissava tra spaesamento, eccitazione crescente e un principio di irruenza nella narice sollevata. Nel viso abbassato. La stoffa che tratteneva tra le dita, aumentò contro il palmo e l'orlo dell'indumento prese ad arrampicarsi sulla gamba della figlia di Salazar. Stava per fare un macello. Un macello totale, se solo...

    - AEEEETCHù! - proruppe, approfittando della solleticante debolezza di Evvivia. - TTSMMFFEESSALUTE! - si accanì, il sorriso nudo e mefistofelico che diventava risata. - Ti ho rubato lo ssstarnuto... ehe... ssssssfigata. - quei sibili non facevano che tessere una corda sottile ma sufficiente a eliminare ogni distanza, centimetro dopo centimetro. Senza la benché minima consapevolezza, l'adolescente aveva mantenuto le fauci schiuse, ormai destinato a scivolare in quelle della verde-argento. La spina del cervello era staccata, il cavo tagliato a prescindere da un rifiuto o dall'accoglienza. L'unico modo per tornare indietro era...

    - Jericho? Sono tornata, come ti senti? - ... Bella Greengrass-Lestrange.
    - Cazzo! - I passi di Bella Greengrass-Lestrange dall'ingresso dell'Infermeria al letto, il cui ticchettio diventava sempre più percettibile e fastidioso. Il ragazzo arretrò e la lucidità lo investì come un tir guidato dall'alcolismo fatto conducente. Doveva essere un segno, di salvezza o boicottaggio non era dato sapere. Frastornato, costernato, preoccupato che Olivia ci rimettesse al posto suo si accasciò con il cuore a 10000. Si voltò in direzione della sua nemesi e sussurrò appena ansimante: - servirebbe il VAR ma mi sa che anche io ho sbattuto le palpebre. Mi sa che hai vinto tu in ogni caso. - mi sa che mi sono spiaccicato da solo.

    Edited by Jericho L. Rosenbaum - 23/3/2023, 16:15
     
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