|
|
Molte persone gli avrebbero dato dell’irrispettoso, di una priva di cuore che non pensava al luogo in cui si trovava o che solitamente in quei luoghi erano altre le azioni che si facevano e non di certo buttare fuori il fumo della sigaretta appena aspirato. “Non è il luogo adatto” gli aveva mormorato un vecchio signore che aveva posato i fiori a qualche lapide più in là eppure gli bastò solamente osservare l’espressione del giovane uomo per capire che alla fin fine, Rhysand, stava fumando una sigaretta in compagnia di una vecchia amica. Niente sguardi o parole, solo un silenzio assordante accompagnato dal tabacco che si consumava con il passare del tempo. Lo stesso tempo che per Alice aveva smesso di scorrere. Abbassò il capo cercando di ripararsi dal freddo nel giubbotto, estraneo da quella sensazione di brividi che solitamente non gli provocava alcun problema, avvicinando nuovamente il filtro alle labbra. “È normale, Rhysand” gli aveva detto Buck, il suo psicologo, giorni prima “Stiamo affrontando molte sfumature del tuo passato e quindi il tuo corpo ti concede di provare cose che prima ti proteggevano, come il freddo” in tutta risposta il ventunenne aveva sbuffato e alzato gli occhi perché che cosa si serviva, ora, patire il freddo? Eppure si portò le mani vicino alla bocca, chiudendole, lasciandoci un piccolo foro per soffiarci dentro e sentendo quel breve calore che lo riscaldò. Si rese conto che non gli piaceva patire in quel modo il freddo quasi quanto non gli piaceva leggere il nome di Alice inciso nella lapide, oppure era quello il motivo: la sensazione che la sua vita stesse andando avanti e quella della sua amica invece no. Non ricordava nemmeno il momento in cui la vide per l’ultima volta, non riusciva a rammentare l’ultima volta che sentì la sua risata o quei piani assurdi che solo lei riusciva a pianificare e che poi lui fermava, non ricordò il momento in cui gli occhi di lei si posarono in quelli di lui dicendogli ch’era stato un’idiota presuntuoso con quei primini. La voce, che suono aveva la voce di Alice? Non ricordava nemmeno quella.
I passi che sentì alle spalle lo avvisarono che non era più solo ma dopotutto era normale, si trovavano in un cimitero e nemmeno uno come Rhysand si aspettava di restarci completamente da solo, quello che non credeva era di risentire la sua voce. -Ciao Isie- disse piano, lo sguardo ancora dritto davanti a sé, come se una parte di lui non comprendesse del perché, tra tutte le persone, proprio lei avesse deciso di venir a trovare una vecchia amica in comune; si lasciò sfuggire una piccola risata a quelle parole, stringendo ancora il mozzicone di sigaretta mentre abbassava lo sguardo verso i fiori deposti sul terreno. Il signore lo aveva guardato male perché fumava, se solo avesse saputo di quanto irrispettoso fosse stato a rubare un mazzo di fiori senza guardarsi alle spalle, il fumo sarebbe stato l’ultimo dei problemi –Più o meno, anche se i fioristi mi detestano- ed era vero, perché ancor prima della morte di Davies, della depressione in cui il mondo magico era caduto da chissà quanti mesi e ancor prima dalla morte di Alice, una discussione in presenza di un’altra loro amica, era stata fatta dal sottoscritto. Ancora studente e con la memoria cancellata che urlava contro la signora di bruciare quel maledetto negozio. Fu in quel momento che decise di distogliere lo sguardo dalla lapide, guardando la sua ex ragazza per la prima volta al di fuori dalle mura di Azkaban mentre lanciava il mozzicone da tutt’altra parte perché al di fuori della tomba di Alice, non gliene fregava un cazzo del resto. Poteva mentire, poteva autoconvincersi che Isabella Selwyn fosse esattamente uguale alla Isabella Lee che sempre aveva conosciuto, ma dopo il casino di Agnes, di Gael e della memoria persa, nessuno di loro era più la stessa persona. E con loro anche i rapporti che avevano un tempo. -Per essere una cittadina libera, hai proprio un aspetto di merda- disse senza peli sulla lingua, tanto che cazzo di senso aveva mentire? Tornò a guardare la lapide, in silenzio, la mancina che si infilava nella tasca del giubbotto afferrando il pacchetto di sigarette insieme ai fiammiferi, passandolo alla ex Grifondoro come se nulla fosse. -Perché sei qui, Isie?-
|
|