So will you wait me out, or will you drown me out?

Cimitero di Hogsmeade - Rhysand Logan

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    C h e r r y


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    In silenzio, gli occhi fissi davanti a sè, Isabella Selwyn ringraziava il cielo che fuori facesse sufficientemente freddo da permetterle di non far riconoscere i suoi connotati a chi di passaggio. Non le piaceva avere gli occhi addosso, ma sapeva che avrebbe dovuto farci l’abitudine. Era famosa, chiunque conosceva la sua storia ed ogni persona sapeva associarla al suo viso da bambina. Ad ogni passo, il respiro si palesava davanti a lei in nuvole di condensa che le annebbiavano momentaneamente la vista. Gli stivaletti stringati ticchettavano a cadenza regolare sui ciottoli della via principale di Hogsmeade, mentre lei si stringeva nel cappotto che, però, non era sufficientemente pesante per le temperature di quel tardo pomeriggio. Il sole stava tramontando, gli ultimi raggi tingevano di tinte brunite i tetti dei cottage del villaggio. Attraverso i rami secchi degli alberi, la bruma si mischiava alle flebili particelle di luce. Tra meno di un’ora avrebbe fatto ancora più freddo, ma lei non era preoccupata: Azkaban l’aveva temprata.
    Davanti ai Tre Manici di Scopa, un paio di lanterne illuminavano il ciottolato. Invitavano ad entrare, promettevano che lì, oltre quella porta, il tepore del camino e di una Burrobirra avrebbero ripagato il viandante della coraggiosa passeggiata autunnale. La strega tirò dritto. Percorse la via finché, al lato della strada, un sentiero recintato da un muretto basso ed una staccionata in ferro battuto si snodavano tra le chiome rinsecchite degli alberi. Isabella vi si incamminò. Pochi minuti ed avrebbe cominciato a scorgere le sagome delle lapidi e dei mausolei.

    Il Cimitero di Hogsmeade era avvolto nel silenzio, spezzato di tanto in tanto dal solitario gracchiare di un corvo. Cherry lo individuò. Appollaiato su una cuspide, le rivolgeva il suo sguardo affilato dall’alto della sua posizione. La ragazza sbatté le palpebre e guardò altrove. Si incamminò tra le tombe, affatto sicura di dove si trovasse quella che cercava.
    Inspirò a fondo, mentre le iridi di ossidiana studiavano le iscrizioni di ogni lapide, scartandole una dopo l’altra. Cercava quelle meno usurate dal tempo. Quelle ancora candide, in un certo senso asettiche.
    Le bastò individuare una sagoma di spalle per capire dove andare. Rhysand Logan lo avrebbe riconosciuto ovunque, e doveva ammettere che la sua figura massiccia strideva parecchio tra le lapidi di un cimitero. Era come se l’ambiente che lo circondava fosse troppo delicato per lui.
    Facendosi forza, Isabella avanzò verso di lui. Respirò a fondo, insicura su quanto fosse effettivamente pronta a vedere la tomba di Alice Sinister. Il loro rapporto era stato piuttosto altalenante, durante l’ultimo anno di scuola, ma erano diventate amiche dal primo anno e poi… e poi Alice non aveva avuto la possibilità di diventare una donna. E lei si era fatta arrestare rovinandosi la vita. Era andato tutto in malora, dal loro ultimo anno a Hogwarts. A volte Isabella si chiedeva perché, si chiedeva se la concatenazione di eventi che l’aveva portata a trovarsi alla tomba di Alice Sinister a fianco a Rhysand Logan non sarebbe potuta andare in altro modo. Si chiedeva se una qualsiasi azione, anche minuscola, avrebbe potuto salvare Alice, od impedire ad Agnes MacNair di stregare lei ed i suoi amici. Si chiedeva se il Mondo Magico fosse ancora in pericolo, ed una brutta sensazione nel suo stomaco le suggeriva che sì, lo era.

    Non aveva gli occhi lucidi, e sapeva che le sue lacrime non avrebbero bagnato la tomba di Alice.
    Niente di personale, semplicemente non riusciva più a piangere. Dentro di sé, però, sentiva il petto bruciare e la rabbia farsi strada, selvaggia e cieca. Era ingiusto. Tutto quanto. Alice sarebbe dovuta essere lì con loro. Forse non sarebbero nemmeno più state amiche, a quel punto, ma erano state private anche della libertà di scegliere quali strade prendere.
    - Ciao, Rhys. - Mormorò, la voce morbida da bambina. Le iridi non si erano spostate dal freddo marmo della lapide. Le iscrizioni che recitavano il nome dell’amica e i pochi anni in cui era vissuta erano tutto ciò che si trovava nel suo campo visivo. - Porti fiori ad una vecchia amica? - Chiese, inespressiva.
     
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    Molte persone gli avrebbero dato dell’irrispettoso, di una priva di cuore che non pensava al luogo in cui si trovava o che solitamente in quei luoghi erano altre le azioni che si facevano e non di certo buttare fuori il fumo della sigaretta appena aspirato.
    “Non è il luogo adatto” gli aveva mormorato un vecchio signore che aveva posato i fiori a qualche lapide più in là eppure gli bastò solamente osservare l’espressione del giovane uomo per capire che alla fin fine, Rhysand, stava fumando una sigaretta in compagnia di una vecchia amica. Niente sguardi o parole, solo un silenzio assordante accompagnato dal tabacco che si consumava con il passare del tempo.
    Lo stesso tempo che per Alice aveva smesso di scorrere.
    Abbassò il capo cercando di ripararsi dal freddo nel giubbotto, estraneo da quella sensazione di brividi che solitamente non gli provocava alcun problema, avvicinando nuovamente il filtro alle labbra.
    “È normale, Rhysand” gli aveva detto Buck, il suo psicologo, giorni prima “Stiamo affrontando molte sfumature del tuo passato e quindi il tuo corpo ti concede di provare cose che prima ti proteggevano, come il freddo” in tutta risposta il ventunenne aveva sbuffato e alzato gli occhi perché che cosa si serviva, ora, patire il freddo? Eppure si portò le mani vicino alla bocca, chiudendole, lasciandoci un piccolo foro per soffiarci dentro e sentendo quel breve calore che lo riscaldò.
    Si rese conto che non gli piaceva patire in quel modo il freddo quasi quanto non gli piaceva leggere il nome di Alice inciso nella lapide, oppure era quello il motivo: la sensazione che la sua vita stesse andando avanti e quella della sua amica invece no.
    Non ricordava nemmeno il momento in cui la vide per l’ultima volta, non riusciva a rammentare l’ultima volta che sentì la sua risata o quei piani assurdi che solo lei riusciva a pianificare e che poi lui fermava, non ricordò il momento in cui gli occhi di lei si posarono in quelli di lui dicendogli ch’era stato un’idiota presuntuoso con quei primini.
    La voce, che suono aveva la voce di Alice? Non ricordava nemmeno quella.

    I passi che sentì alle spalle lo avvisarono che non era più solo ma dopotutto era normale, si trovavano in un cimitero e nemmeno uno come Rhysand si aspettava di restarci completamente da solo, quello che non credeva era di risentire la sua voce.
    -Ciao Isie- disse piano, lo sguardo ancora dritto davanti a sé, come se una parte di lui non comprendesse del perché, tra tutte le persone, proprio lei avesse deciso di venir a trovare una vecchia amica in comune; si lasciò sfuggire una piccola risata a quelle parole, stringendo ancora il mozzicone di sigaretta mentre abbassava lo sguardo verso i fiori deposti sul terreno.
    Il signore lo aveva guardato male perché fumava, se solo avesse saputo di quanto irrispettoso fosse stato a rubare un mazzo di fiori senza guardarsi alle spalle, il fumo sarebbe stato l’ultimo dei problemi –Più o meno, anche se i fioristi mi detestano- ed era vero, perché ancor prima della morte di Davies, della depressione in cui il mondo magico era caduto da chissà quanti mesi e ancor prima dalla morte di Alice, una discussione in presenza di un’altra loro amica, era stata fatta dal sottoscritto. Ancora studente e con la memoria cancellata che urlava contro la signora di bruciare quel maledetto negozio.
    Fu in quel momento che decise di distogliere lo sguardo dalla lapide, guardando la sua ex ragazza per la prima volta al di fuori dalle mura di Azkaban mentre lanciava il mozzicone da tutt’altra parte perché al di fuori della tomba di Alice, non gliene fregava un cazzo del resto. Poteva mentire, poteva autoconvincersi che Isabella Selwyn fosse esattamente uguale alla Isabella Lee che sempre aveva conosciuto, ma dopo il casino di Agnes, di Gael e della memoria persa, nessuno di loro era più la stessa persona.
    E con loro anche i rapporti che avevano un tempo.
    -Per essere una cittadina libera, hai proprio un aspetto di merda- disse senza peli sulla lingua, tanto che cazzo di senso aveva mentire? Tornò a guardare la lapide, in silenzio, la mancina che si infilava nella tasca del giubbotto afferrando il pacchetto di sigarette insieme ai fiammiferi, passandolo alla ex Grifondoro come se nulla fosse.
    -Perché sei qui, Isie?-
     
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